Ciclo organico-dinamico, l’Assoluto

admin • 12 agosto 2010

La data del 25-26 giugno 2010 in cui si è deciso al G8 di contenere i consumi entro la capacità di spesa degli stati rischia di restare nella storia come una data da ricordare al pari di quella del trattato di Maastricht il 7 febbraio 1992 o di quella in cui Michail Gorbačëv nel febbraio del 1986 ha scelto di relizzare la Glasnost (“trasparenza”), la Perestrojka (“ristrutturazione”) e l’Uskorenie (“accelerazione” dello sviluppo economico).

Ma perché questa data di un G8/G20 dai giornali bollato come inconcludente dovrebbe essere così importante?

Perché, come fece Gorbačëv a suo tempo, questo accordo ha tolto i fondamenti che consentono al laicismo liberal-capitalismo di funzionare come Assoluto per l’intera Realtà Storica.

I fondamenti dell’Assoluto capitalista

Vediamo di capire quale erano questi fondamenti. Per capirlo occorre di nuovo osservare il dinamismo che, lo ricordiamo, è dinamismo essenziale e quindi ineliminabile.

Una logica può funzionare da Assoluto Costruttivo , ossia può funzionare per tutti e per sempre , quando a tutti è in grado di garantire l’esistenza della Realtà Storica. Può essere la logica attuale? Il ciclo attivistico del liberalismo laicista liberal-capitalista è fondato sul conflitto (naturalismo evoluzionistico) che prevede un vincitore ed uno sconfitto. Cosa succede in questo schema quando uno dei due concorrenti perde?

E poi cosa perde?

Ci facciamo aiutare ancora dalla vicenda Alitalia anche se la risposta è ovvia e alla portata di ogni sguardo anche solo un po’ attento. Ovviamente non perde la vita, perché non si tratta di guerra, i lavoratori espulsi con la chiusura di Alitalia sono ancora vivi. Il perdente perde le Risorse, in questo caso l’”ex lavoratore” non ha lo stipendio per vivere. Le risorse vengono conquistate dal vincitore attraverso l’ acquisizione del mezzo che produce le risorse , l’azienda.

Qual’è la sorte del perdente?

Deve rifarsi una nuova vita, cambiando settore ricominciando altrove in un’altra attività in grado di produrre risorse ( cioè un’altra azienda) che a sua volta però, per partire, necessita di energia, materie prime, mercato, altra manodopera.

Per rifarsi occorre che il mercato abbia necessità ancora non soddisfatte e che io posso soddisfare, che siano disponibili le materie prime necessarie, l’energia e la manodopera mancante.

Ma come si può ad accedere a tutto questo se  quello che gli serve è proprio quello che a perso nel conflitto?  Per la rinascita, i n particolare , è necessaria la presenza di un mercato da soddisfare con il mio lavoro , devo poter accedere ad un “ nuovo mercato. Evidentemente per sostenere il “ conflitto infinito ” occorre pensare ad un’espansione continua del mercato, ossia ad un “ mercato infinito ”. Di conseguenza, per prendersi cura di tutti attraverso il conflitto, occorre avere energia infinita, materie prime infinite, manodopera infinita, … . i   Proprio questa    distorta percezione d i un  “ mercato infinito ” ha permesso di elaborare teorie economiche che prevedevano il “prelievo infinito” dalle risorse del futuro.

Finora si è pensato che questo “mercato infinito” esistesse e fosse accessibile. Finora, perché questo G8/20 di Toronto ha formalizzato che bisogna rientrare nei bilanci dello stato, che oggi non esistono più le condizioni per sostenere  l’espansione infinita dell’economia che copre il prelievo dal futuro, ...  e con questa  ha negato i fondamenti stessi che fanno da base per l’Assoluto laicista liberal-capitalista che guida questa economia. Sappiamo inoltre, e ce lo sta dicendo l’ambiente, che come il mercato anche l’energia utilizzabile sulla terra è una quantità “finita” e che la materia prima non è mai stata “infinita”.

Con quali conseguenze? Lo stesso governo si è incaricato di ripetere a più riprese che questa finitezza verrà ottenuta attraverso riforme strutturali che si tradurranno fatalmente in “ disoccupazione strutturale ”. Società ed Economia sono unite tra loro.

E allora? Quale alternativa?

Il feedback organico-dinamico

Per trovare un’alternativa va rimossa la causa, e la causa è la sapienza  errata che guida lo sviluppo. Qualsiasi altra strada è un palliativo: è evidente che se è la logica del conflitto a produrre la grande massa degli sprechi, il “ conflitto sistematico che deve distruggere una delle parti è proprio ciò che va tolto dal dinamismo della globalizzazione .

Ma con quale alternativa? Tutto sommato il confliltto costringe al miglioramento tecnologico l’intera economia…

Si apre la necessità di individuare con certezza la sapienza “alternativa”   che guiderà lo sviluppo dell’umanità per i prossimi 100.000 (?) anni e questa ricerca 1 non è un fatto marginale, va individuata in modo inoppugnabile, dobbiamo essere proprio sicuri.

Il punto di partenza è il punto di arrivo

Ma da dove partire? L’unico punto di partenza che dia un fondamento reale e indiscutibile al nostro agire di umanità è che questa sapienza deve produrre la sopravvivenza dell’umanità stessa . Agire per la propria autodistruzione in ogni caso sono energie sprecate, sono come l’arsenale atomico:

  • energie sprecate perché se voglio sopravvivere non lo posso utilizzare,
  • energie più che sprecate qualora decidessi di utilizzarlo,
  • energie sprecate per i prossimi 10.000 anni perché  dal momento che lo ho costruito lo devo custodire, per evitare che cada nelle mani dei terroristi, perché il materiale fissile non finisca nell’ambiente, perché …

Costi immensi e senza fine  senza alcun beneficio reale.

Il punto di partenza, dunque, è garantire la sopravvivenza dell’umanità.

Ci domandiamo. Quale attività umana garantisce l’esistenza dell’umanità?

L’umanità è garantita nella sua esistenza quando può andare oltre la morte delle singole persone . Solo la riproduzione della società umana garantisce la presenza dell’umanità e con essa dell’economia e di ogni altra attività legata all’uomo.

Quale struttura sociale ci consente dia andare “oltre la morte”?

Esclusivamente la famiglia considerata come “struttura sociale” consente questa “eternità” per cui proprio generare la famiglia è il principio e il fine dell’umanità. Ma la famiglia non si limita al tempo necessario a concepire un figlio. Oggi non stiamo solo “facendo figli”, li dobbiamo educare, stiamo costruendo la società per i nostri figli, e questa deve essere una società sana che permetta loro di vivere … e di generare un’altra famiglia che perpetui il ciclo.
Al centro e al di sopra di tutto perciò c’è la capacità di trasmettere la Vita alle persone e la capacità di costruire strutture sociali vitali e vitalmente operanti per mantenerle in vita (ideoprassi dinontorganica). Senza di una delle due parti l’umanità è destinata a soffrire e/o scomparire. Sono cose che constatiamo personalmente, sono sotto i nostri occhi tutti i giorni: non possiamo lasciare un mondo invaso da radiazione o da veleni per cui dobbiamo creare strutture sociali che non necessitino della loro produzione.

Quale struttura ci consente di trasmettere la Vita alle persone o di rendere le strutture vitali e vitalmente operanti?

Al centro della trasmissione della vita c’è la famiglia dinontorganica , tanto in quanto struttura biologica di trasmissione della vita, tanto in quanto struttura sociale “ vitale e vitalmente operante ” basilare.

Ora sappiamo il fine, ma il fine è come il tetto della casa, tutto il resto lo sorregge, a partire dalla sapienza che  anima questa società che sostiene la famiglia.

 

Infatti, la “famiglia-struttura sociale” OGGI nel 2010, non è in grado di essere direttamente una struttura sociale vitalmente operante perché le risorse economiche le derivano direttamente dalla sua partecipazione attiva a quel fenomeno che chiamiamo Rivoluzione Industriale .

Per la famiglia è necessario poter controllare la Rivoluzione Industriale, ma non lo può fare direttamente perché l’industria è fatta per la “produzione di massa” ossia l’economia industriale è figlia della Società , non della singola famiglia-cellula.

È la Società che può pilotare l’economia ma lo può fare solo unificandosi attraverso la “globalizzazione sana” , per gestire la quale è richiesta la convocazione periodica del G8/G20.

Non resta che concludere che si può gestire la Rivoluzione Industriale solo attraverso un processo di unificazione Sociale che genera la globalizzazione  “politica” in grado di pilotare la Rivoluzione Industriale che  a sua volta fornisce le risorse materiali alla famiglia-cellula, che a sua volta … ecc.

L’intero processo della globalizzazione potrà riuscire e mantenersi nel tempo solo quando riuscirà a garantire contemporaneamente tanto la presenza della famiglia-cellula sociale vitale e vitalmente operante, quanto la presenza del processo di unificazione della società, quanto quello dell’economia 2 .

Il cielo  ora si fa più chiaro perché ora possaimo rispondere alla domanda “ Quale sapienza è richiesta a questo ciclo ?

L’intero ciclo può esistere quando una sola sapienza guida l’intero ciclo di sviluppo. Poiché l’obbiettivo può essere solo quello di mantenere la famiglia-cellula, di conseguenza la Società e la stessa Rivoluzione Industriale deve assumere la stessa “logica di sviluppo” della famiglia. Ma quale è questa sapienza, e l’economia può sostenersi realmente attraverso di essa?

La sapienza è racchiusa nella parola ” dinontorganismo” che riassume quanto detto sinora.

Non solo l’economia può utilizzare queste logiche vitali e vitalmente operanti, ma è per essa molto conveniente, A PATTO CHE sia un movimento sincrono ed  ASSIEME AD ESSA SI MUOVA SOCIETà, FAMIGLIA con le persone che la compongono. Questo che iniziamo ad osservare con timore è il punto di arrivo che sta muovendo i primi passi dopo il G8 di Toronto.

(segue)
__________APPENDICE E NOTE________________________

1 Va utilizzato uno strumento noto come “metafisica realistico integrale”.

2 ….e di conseguenza, in qualche modo dobbiamo ammettere che la sopravvivenza della famiglia sana è “ fondata sulla globalizzazione corretta

i Ogni conflitto richiede un eccesso di energia, prima durante e dopo. Per pensare che l’Assoluto laicista liberal-capitalista possa funzionare per tutti e per sempre occorre che

  1. si possa attivare sempre il surplus di energie per la “battaglia”
  2. ciascuno prepari in continuazione gli strumenti per fare questa “battaglia”
  3. il conflitto possa avvenire sempre
  4. anche i perdenti possano rifarsi una nuova vita attingendo altrove le energie che hanno perso nel conflitto. 

Di conseguenza, nel concreto, per portare prosperità a tutto il mondo occorrono essere presenti per l’economia queste condizioni

  1. energia infinita è il fondamento che consente di pensare ad un conflitto infinito
  2. materia prima infinita, serve la necessità di preparare in continuazioni gli strumenti per competere.
  3. mercato infinito, è la condizione per garantire la possibilità di competere a tutti per sempre
  4. manodopera a “costo 0”, è lo strumento per vincere le battaglie economiche, sconfitti a “costo 0” è la condizione perché dalla mia vittoria io tragga beneficio 

L’ energia finita significa che devo risparmiare energie e il primo modo di farlo è collaborare riducendo al minimo la competizione. La finitezza dell’energia, inoltre, in uno schema che “premia i virtuosi” e castiga i cattivi impedisce che chi è stato eliminato dalla competizione possa rifarsi in altro modo. L’energia a poco a poco diviene patrimonio solo dei vincenti.

Materia prima finita. Se la materia prima non è infinita a poco a poco viene trasferita ai vincenti. Non posso crearmi all’infinito gli strumenti per competere. Se l’energia e la materia prima non sono infinite l’iper-industrializzazione per tutti necessaria a sostenere “il welfare state” risulta impossibile.

Il mercato finito impedisce

  • che possano essere inventati continuamente nuovi prodotti per mantenere in moto l’economia. Se non ci sono nuovi prodotti proposti a ritmo incessante non ci può essere competizione

  • che possano essere approvvigionate le risorse necessarie a ciascuno per preparare la competizione

  • che i “perdenti” si possano trovare risorse attraverso un’altra occupazione. Si pensava che lo sviluppo tecnologico o la cattiva qualità rendesse il mercato infinito, non è così.

La manodopera non a “Costo O”impedisce che io tragga vantaggio dalla mia vittoria perché anche se vincitore devo mantenere i perdenti per stabilizzare il consumo e finanziare la possibilità che si costruiscano una nuova vita.

 

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Autore: Redazione 25 aprile 2024
Il filosofo o lo studioso che si occupa di realismo integrale diviene di necessità anche un apostolo, perché l’impegno con l’essere della realtà storica lo rende persuaso della necessità della cultura-conoscenza come via necessaria all’azione politico-sociale [1] . E’ con questo spirito che mi accingo da filosofo non accademico a ripercorrere, con gli adeguati riferimenti bibliografici, i contenuti della relazione che ho tenuto un po’ a braccio il 21 marzo 2024 alla Pontificia Università Salesiana in occasione del convegno “ Tommaso Demaria: uno sguardo organico-dinamico sulla storia e sulla società .” L’essere della realtà storica appena accennato ci introduce al tema essenzialmente nuovo inaugurato da don Tommaso Demaria, essenzialmente diciamo ma non fenomenicamente poiché da questo punto di vista l’intuizione di molti ricercatori, per quanto non ancora riflessa a sufficienza, ha condotto molti a rendersi conto che il mondo in cui viviamo appare come una realtà globale, unitaria, interconnessa e in grado perciò di muoversi secondo logiche proprie e inesorabili che sfuggono perfino al controllo dei singoli potenti di turno. Discipline come la sociologia, la psicologia, le scienze dell’organizzazione ma anche la stessa economia rilevano da anni il fenomeno, tuttavia ancora manca alla cultura dominante una visione completa capace di dar conto di tutti gli aspetti in campo: materiali, relazionali, spirituali e metafisici. Lo scopo di questo discorso è quindi quello di stimolare una coscienza intorno all’essere della realtà, perché prima di agire occorre pensare e prima di pensare occorre essere, rendersi conto di essere e di vivere accanto ad altri esseri, perché l’essere precede l’agire non solo personale ma anche comunitario. Il percorso si articola in cinque passaggi che sono invero cinque domande: Di quale essere stiamo trattando? Una società ateo-materialista è in grado di prosperare o almeno sopravvivere? Cosa sono il pensiero unico, i grandi resets e il nuovo ordine mondiale di cui tanto si sente parlare? La ideologie sono tutte negative come tali oppure si deve tener conto del loro contenuto di verità? Possiamo indicare delle vie concrete? Sembra la prima una domanda fuori tempo massimo: a chi può mai interessare oggi un discorso sull’essere o sulla vita? La società liquida con i suoi deliri ha fatto evaporare ogni punto di riferimento stabile, ogni riscontro oggettivo: tutto cambia, tutto muta, tutto scorre, al più si può dire che tutto l’essere è il divenire stesso. Eppure la nebbia di una cultura nichilista pervasiva e invadente come quella moderna (per non dire modernista) non riesce a sopire completamente l’esigenza di essere, di senso e di significato che si scopre ancora incardinata nel cuore di ogni uomo. L’esperienza quotidiana carica di problemi enormi e di enormi opportunità ci catapulta nostro malgrado in un fluire di vicende storiche che non riusciamo a dominare e nemmeno a capire ma che in qualche modo contribuiamo a generare; il mondo va avanti anche con il nostro spesso inconsapevole sostegno e con logiche proprie; le leve del comando sono impersonali, occulte, segrete eppure reali, assegnate in modo oscuro ma lucido a guide concrete ma provvisorie e solo funzionali al perpetrarsi di un mondo che in fondo non vogliamo: la guerra torna a bussare inaspettata alla nostra porta. In questa profonda esigenza di essere, legata ad un perenne senso di malessere per un mondo che non capiamo, assume di nuovo un valore epocale tutta la riflessione di Demaria sulla Realtà Storica, tornando così potente, attuale e anzi necessaria. Quella che un tempo fu l’intuizione di un geniale metafisico oggi è esperienza concreta di molti uomini: la realtà storica appare davvero come un essere capace di vivere a agire a titolo proprio. La portata di questa intuizione comporta la richiesta teoretica di un’adeguata giustificazione: non ci può bastare il solo dato fenomenico anche se ormai di per sé evidente. Giustificazione che però non è possibile affrontare qui, ci basti per ora solo rilevare che alla griglia degli esseri oggetto della metafisica tradizionale e cioè l’uomo, la natura e Dio vi si aggiunge appunto anche l’essere della realtà storica che diventa tale, secondo il salesiano, a partire dalla rivoluzione industriale, imponendosi per di più come organismo dinamico vivo e perciò capace di vivere a agire a titolo proprio. [2] Sono affermazioni importanti che suscitano curiosità ma anche timori: se la realtà storica vive agisce a titolo proprio dove va a finire la libertà umana? La libertà, proprietà inalienabile della natura umana, è un bene prezioso e un dono esclusivo che ogni uomo e anche ogni società hanno ricevuto per scegliere cosa fare di sé stessi. Essa è talmente necessaria che la realtà storica come tale la esige a livello essenziale anche se purtroppo a livello esistenziale può accadere ed accade di fatto che la storia, animata da logiche contrarie al suo vero dover essere ontologico, finisca per negarla, reprimerla o falsarla, assoggettandola a scelte mortifere anziché vitali. Così avviene che se la realtà storica assume logiche contrarie alla sua vera natura e ciò avviene proprio in ragione della libertà umana, anche la comprensione di tutti gli altri esseri ne risulta influenzata e perfino deformata: la persona diventa fluida oppure un ingranaggio, la natura sfruttata o divinizzata, il Dio Creatore rifiutato o umanizzato, con enormi conseguenze sul piano dell’agire collettivo. Comprendere il vero dover essere della realtà storica diventa perciò imperativo decisivo proprio per poter orientare alla convivenza libera e funzionale la vita di miliardi di persone. Il negare questa prospettiva ci espone nostro malgrado ad un agire inconsulto e senza prospettiva e a lasciarci dominare dalla logica bruta di una materia orfana della forma vera, materia che per surrogazione finisce per alienare sé stessa nel ruolo di forma in una prassi senza senso perché in fondo senza retta dottrina, come direbbero i metafisici realisti di un tempo. Per questa via gli stessi cristiani e gli uomini di volontà buona [3] (cioè volontà orientata al bene) vanno a servire inconsapevoli la costruzione della società fondata sul materialismo che, secondo il salesiano, è l’anticamera dell’ateismo prima ontologico e poi religioso [4] . A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che in fondo questo non è necessariamente un male, in fin dei conti anche le società ateo-materialiste, che sono quelle ormai realmente esistenti, possono funzionare se non bene almeno in modo accettabile. L’evidenza storica ci palesa tuttavia senza sconti che non è così e con questa affermazione iniziamo a rispondere alla seconda domanda. Gli “organismi mostro” incarnati dai sistemi capitalisti e comunisti e dai loro discendenti modernisti, fondati sull’assoluto ateo-materialista e così denominati da Demaria nel suo lungimirante testo La società alternativa [5] , stanno manifestando di nuovo oggi la rinnovata ferocia delle loro false premesse. In qualche modo essi vivono sempre a scapito di qualcos’altro: la natura, i poveri, la libertà, Dio stesso. E se queste società potessero anche risolvere (ma non possono!) gran parte dei problemi materiali che ci affliggono, resterebbe strutturalmente irrisolto il senso dell’esistere umano che fatalmente, rinchiuso nell’alveo della materia bruta, si tradurrebbe in un dramma suicida invece che in un’epica maestosa. E’ in questo clima illusorio che oggi si discute molto di pensiero unico, di grande reset, di nuovo ordine mondiale . Intanto mi viene da chiedere, perché cancellare tutto? Forse perché siamo talmente pieni di debito economico a livello mondiale che solo la sua cancellazione, con l’aiuto magari della guerra, può permettere di ripartire? E un’ipotesi che mi pare folle ma anche brutalmente realistica. Il martellamento mediatico proveniente da sponde spesso opposte ci dice altresì che non c’è una sola idea di “reset”, né una sola proposta di “pensiero unico”. Ce ne sono varie e in concorrenza tra loro, che si accusano a vicenda di complottismo, di seduzione, di violenza: capitalismo green, socialismo arcobaleno, socialismo capitalista, imperialismo misticheggiante (se non direttamente ateo-materialista almeno con un errato rapporto spirito/materia). Sono tante le prospettive di “Unico Ordine Mondiale” che si propongono come salvifiche. Ma tutto questo non è una novità , ciò che è cambiato sono solo le etichette, i nomi, le parole, ma la realtà che sottendono è sempre la medesima, quelle esplicitata dal nostro Demaria. L’esigenza di un nuovo ordine mondiale e di pensiero unico non sono che la riedizione aggiornata di quella pletora di ideologie, pseudoideologie e paraideologie che dalla rivoluzione industriale in poi cercano di dare un ordine al caos di una prassi diventata dinamica. Esse si scontrano, si fondono, si camuffano in un susseguirsi di morti e rinascite fino ad arrivare all’esito forse finale, denunciato da Benedetto XVI dell’ideologia del relativismo, che tutte le nega ma solo in fondo per affermare sé stessa, la più dogmatica. Ecco che quelle moderne, afferma Demaria, non sono più solo lotte fra popoli o nazioni ma lotte fra ideologie o meglio lotte fra ideoprassi. E in questa lotta reale per prevalere l’una sull’altra manifestano anche il loro tratto comune che le identifica e le inchioda: sono tutte prassi ontologicamente ateo-materialiste! Le uniche, ed è la storia a dirlo, che sono state in grado di portare l’umanità fin sull’orlo dell’auto-distruzione attraverso soprattutto la possibilità, oggi tornata concreta, della terza guerra mondiale nucleare. Eppure non si può fare a meno di una ideologia, cioè di una visione organica, integrale e coerente della vita umana che sappia coordinare l’agire di miliardi di persone; l’alternativa ad una qualche forma di ordine, ad una sorta prassi razionalizzata non è che la prassi selvaggia e il caos [6] . E’ stato questo l’intento della vita di Karl Marx ma anche dello stesso Adam Smith e di altri studiosi: scoprire la logica interna della storia. E cosa hanno concluso? Che la storia è materia che diviene o natura che evolve e che il cuore di questo divenire è l’economia la quale così è stata assunta non solo come base materiale della società ma anche come sua principale base spirituale. Analisi insufficiente, colma di pregiudizi, guidata da strumenti metafisici inadeguati, per cui è stato subordinato o separato lo spirito dalla materia e strutturalmente negata la soprannatura a favore della sola natura: direttamente attraverso la persecuzione violenta diretta o indirettamente attraverso la seduzione e l’occupazione di spazi e tempi. Secondo il nostro salesiano, il loro errore come quello di molti che li hanno seguiti e riaggiornati è stato proprio quello di aver posto come base spirituale della società una base che è solo materiale, l’economia appunto e di aver completamente o anche solo parzialmente ignorato il valore ontologico degli enti naturali a partire dall’uomo. Di qui l’ambizioso proposito del sacerdote piemontese di scoprire il vero logos nascosto all’interno della realtà storica. E’ questo un passaggio decisivo da comprendere profondamente: l’approdo al vero Assoluto della storia riconosciuta come realtà non è la composizione ordinata di un insieme di valori etici scelti in modo arbitrario, né il risultato di una rivelazione religiosa e nemmeno l’applicazione di una qualche dottrina costruita a priori a tavolino, è invece l’esito di una indagine metafisica rigorosa, coerente e completa che a partire dal dato di esperienza storico ci porta per esplicitazione, cioè attraverso una sorta di mostrazione [7] aristotelica, a scoprire il dover essere ontologico della realtà storica, dover essere che Demaria chiama tecnicamente essenza archetipa [8] . Questa ricerca del vero logos comporta inevitabilmente il confronto con la verità, la sua comprensione e la sua accettazione con tutti i rischi che questo comporta: la verità è più grande, nessuno possiede la verità, la verità bisogna servirla etc… Tutte espressioni che “i prudenti” giustamente manifestano per sottolineare la portata del problema ma che non lo risolvono anzi talvolta lo acuiscono cedendo spesso anche senza disputa alle “verità” sostenute da altri. A tal proposito Demaria infatti scrive: “ non si tratta né di una contrapposizione manichea, né di un accaparramento trionfalistico della verità. La verità bisogna servirla, ma per servirla bisogna conoscerla e riconoscerla […] non c’è insulto peggiore alla verità che rinnegarla o misconoscerla, col pretesto antitrionfalistico, di chi vi contrappone il proprio io con il sofisma dell’eterna ricerca ” [9] . Prosegue il Nostro: “ Oggi si preferisce il fare al pensare. Più che alla verità, che con falsa umiltà si proclama di «non possedere», si crede all'attività, ad un qualsiasi attivismo, riassorbito nell'attività personale con un totale rifiuto della sua rifusione razionale e cristiana nella prassi, anche se poi la presunta attività personale viene abbandonata alla deriva di tutte le prassi [10 ] .” E ancora: “ il discorso sulla verità oggi è impopolare. Si prova una certa nausea esistenzialista e pseudodemocratica nei suoi confronti. Si ha l’impressione o la convinzione che la verità sia diventata sinonimo di dittatura intellettuale, mentre l’errore sarebbe sinonimo di libertà e democrazia. [11 ] ” Richiami forti quelli demariani ad un impegno intellettuale coraggioso che pur nell’umiltà dell’approccio, teso ad evitare la tentazione arrogante di una saccenteria intellettuale, inclina deciso alla sfida della ricerca metafisica realistica integrale, opponendosi così alla non meno grave tentazione di una pusillanime rinuncia a priori. Ma quale può essere il criterio per individuare l’ideoprassi vera , il logos nascosto nel libro della storia che completa quello del libro della natura? [12] E’ questo se ricordate il quarto quesito proposto all’inizio. Demaria risponde schiettamente a questo interrogativo: “ Il problema della verità dell’ideologia si pone alla sua radice. Passa dalla prassi all’ideologia; dall’ideologia alla metafisica; e da una metafisica qualsiasi a una metafisica dinamica. Con ciò torna il problema di fondo: qual è la verità? Qual è la metafisica vera? […] la metafisica dinamica falsa è quella che genera un’ideologia ateo-materialista come anima della prassi; e la metafisica dinamica vera è quella che genera una ideologia come anima della prassi, non ateo-materialista […] che equivale all’affermazione dell’assoluto teo-spiritualista [13] ”. Sembra un continuo rimando ma di fatto non è possibile individuare l’assoluto vero della realtà storica, cioè quello teo-spiritualista, senza un’adeguata metafisica che per Demaria non può che essere la metafisica realistico integrale, ogni altra metafisica dinamica invece conduce all’assoluto ateo-materialista anche se a professarla è un credente, e quand’anche una metafisica dinamica non realista volesse escludere l’approdo ateo-materialista si fermerebbe a metà strada o peggio trascinerebbe alla meta che credeva di rinnegare [14] . Dai frutti conoscerete l’albero è l’insegnamento che porta a questa certezza. Ma per quale ragione è proprio quello teo-spiritualista l’assoluto vero della realtà storica? Qui il discorso giunge al suo compimento e trova la sua trattazione piena nel secondo dei tre volumi della trilogia. La constatazione è che la Realtà Storica è un ente vivo la cui forma non può che essere viva, una forma materiale inerte infatti non potrebbe che essere morta e restare morta. Forma viva e anche libera. Le uniche forme con queste caratteristiche sono la forma umana e quella divina, ma la forma umana non può che animare enti dinamici fenomenici e contingenti e non può in alcun modo rendere conto né di sè stessa, né di tutta la realtà creata. L’immediata e spontanea percezione metafisica dell’essere creaturale , a partire dal proprio io, è invece l'esperienza prima che mostra ad ognuno la propria insufficienza ad esistere da sè e rimanda quindi in modo razionale alla necessità dell'esistenza di Dio Creatore [15] ; senza questo fondamento trascendente tutto l’impianto metafisico realistico integrale fin qui presentato, resterebbe privo del necessario Garante [16] . L’unica forma viva perciò capace di dominare tutta la realtà passata, presente e futura sia naturale che storica non può che essere una forma divina; forma divina che per poter dominare la storia rispettandone la libertà deve poter agire anche dal di dentro e perciò essere ad un tempo non solo trascendente ma anche immanente, da cui l’approdo metafisico all’assoluto teo-spiritualista [17] . Ciò comporta in prima battuta per la forma sociale vera i tre presupposti negativi della non subordinazione dello spirito alla materia, della non separazione dello spirito dalla materia e della non separazione della natura dalla soprannatura [18] e in seconda battuta i suoi presupposti positivi e cioè la sua universalità, necessità, assolutezza e attualità [19] . Ho delineato in estrema sintesi il percorso filosofico demariano cui appartengono conseguenze pratiche impressionanti, la più importante delle quali è questa: senza adeguato strumento metafisico è impossibile mobilitare nella storia l’ideoprassi vera, non è cioè possibile la costruzione di una convivenza umana veramente funzionale. La metafisica assume così il suo valore concreto postulato nell’ultimo dei quesiti che ho posto all’inizio di questo lavoro. La prima, concreta e vitale esigenza è per questo motivo la formazione permanente di metafisici realistico integrali capaci di indirizzare la costruzione della società e per ciò è necessario e non più rimandabile una cattedra universitaria specifica di metafisica realistico integrale e a cascata di ideoprassiologia. Per questa via anche politica ed economia troverebbero il loro metodo e gli operatori economici, a partire dagli imprenditori, guide sempre più adeguate. La piramide dei bisogni materiali, relazionali e spirituali soprannaturali individuata anche dai più acuti economisti [20] , riceverebbe una solida pezza d’appoggio metafisica con il giusto indirizzo per evitare perniciose deviazioni verso false sirene progressiste o di contro verso ristagni statici economicamente insostenibili e impotenti a resistere al costruirsi dinamico della storia. La cultura della vita (statica e dinamica), della famiglia stabile, degli autentici valori umani, del rapporto oggettivo con le altre religioni, della libertà a servizio del bene, della persona come cellula viva attiva del corpo sociale, dell’autentica convivenza umana pacifica a livello universale avrebbero non solo diritto di esistenza sul piano culturale ma anche un concreto efficace rilancio. [1] T. Demaria, 2° Vol.,Metafisica della Realtà Storica, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 188. [2] T. Demaria, Metafisica e Metodo, da raccolta articoli rivista Nuove Prospettive. [3] S. Fontana, La sapienza dei medievali, Fede&Cultura, Verona 2018, p. 134 [4] T. Demaria, La Società Alternativa, Ed. Il Segno, Verona 1982, p. 15 [5] T. Demaria, La società Alternativa, ed. Il Segno, Verona 1982, p.19 [6] T. Demaria, Cristianesimo e realtà sociale, Ed. Villa Sorriso di Maria, Varese, 1959, p.47: “cosa è l’idelogia: è la visione dinamica, sintetica e concreta della vita e del mondo che si traduce nella teoria della pratica e nella pratica della teoria!” [7] G. Reale, Guida alla lettura della metafisica di Aristotele, Laterza Bari, 2004, p. 33 [8] T. Demaria, 1° Vol. Ontologia realistico-dinamica, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 165 [9] T. Demaria, 5° Vol. Sintesi Sociale cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 12 [10] T. Demaria, 5° Vol, Sintesi Sociale Cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 407. [11] T.Demaria, 4° vol. L’ideologia cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 232 [12] T. Demaria, Sinossi 1984, dispensa convegno Roma, 1984, p.10 [13] T.Demaria, 4° vol. L’ideologia cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 234 [14] Ivi, p. 235 [15] T. Demaria, 2° Vol, Metafisica della realtà storica, Ed. Costruire, Bologna 1975, p. 200- G. Zamboni, La persona umana, Vita e Pensiero, Milano 1983, p. 485 e 487. [16] T: Demaria, La società alternative, ed. Il Segno, Verona,1982, p. 18 [17] Ivi, p. 226 [18] T.Demaria, 5° vol. Sintesi sociale cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 272 [19] T.Demaria, 5° vol. Sintesi sociale cristiana, Ed. Costruire, Bologna 1975. p. 278 [20] Si veda relazione del prof. Zamagni in https://www.nuovacostruttivita.it/quali-scienze-sociali-per-il-cambiamento-depoca in occasione del convegno online di Nuova Costruttività, il 20 ottobre 2022: Quali scienze sociali per il cambiamento d’epoca.
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